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La mattanza dei cani in Ucraina e il potere della Rete

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La mattanza dei cani in Ucraina e il potere della Rete  Empty La mattanza dei cani in Ucraina e il potere della Rete

Messaggio  Marco Lun Gen 23, 2012 9:40 pm

Come ogni rivoluzione, Internet porta con sé un certo numero di problemi. Tra questi c’è il fatto che la Rete, e in special modo i social network, molto spesso diventano un coacervo di contenuti di un’inutilità olimpica. Navigando sul web si incontrano spesso ammassi di fatuità che spesso rischia di svilirne il valore più intrinseco e le sue reali potenzialità. Su Internet girano pubblicità moleste (spam), tranelli per analfabeti multimediali (phishing), bufale di ogni sorta, appelli strappalacrime costruiti su storie inesistenti, falsificazioni palesi o ben camuffate da realtà. L’internauta esperto sa che questa spazzatura multimediale esiste, sedimentata in buon spessore sopra tutto ciò che è utile. Sa che, per trovare ciò che cerca, deve scavare, sgrossare, setacciare, cercando di captare ciò che è di suo interesse dentro a un baccano spesso assordante. In mezzo al quale finisce talvolta qualche questione realmente importante, come nel caso della mattanza di gatti e cani randagi in Ucraina in vista dei prossimi campionati europei di calcio. Chi ha frequentato i maggiori social network negli ultimi mesi, ha ben presente la faccenda. Ovunque è un fiorire di post terribili, accompagnati da foto talvolta strappacuore, con primi piani di cani tristi, talvolta scioccanti, con immagini di animali randagi trucidati. L’appello che correda le foto è chiaro: boicotta gli europei di calcio del 2012. L’internauta sgamato guarda, prova una punta d’indignazione, poi passa oltre, alla ricerca della propria meta, convinto che si tratti della solita esagerazione di chi cerca in rete quel click in più o un po’ di visibilità. Invece la storia è vera. Il problema del randagismo è diffuso a Kiev e dintorni. Un brutto spettacolo in vista delle tante telecamere che popoleranno la capitale ucraina al seguito dei portatori più o meno sani di sponsor (squadre e giocatori di calcio) provenienti da tutta Europa. Il parlamento aveva già stanziato la cifra per ampliare i canili e operare una sterilizzazione su ampia scala, ma il governo ha preferito una soluzione finale: le povere bestie venivano deliberatamente avvelenate e poi cremate, qualche volta, pare, ancora vive, innescando anche un business illegale parallelo. L’operazione è stata tale e così goffamente esplicita da attirare l’attenzione degli animalisti, che si sono attivati subito in Rete. Da lì la pioggia di post, segnalazioni, allarmi su Facebook e in ogni spazio internettiano disponibile, facendo diventare in breve virale l’appello contro la “macelleria ucraina”. Come sempre accade quando c’è di mezzo la Rete, non si sa di preciso da chi sia partito l’appello, fatto sta che ha funzionato. E in modo esponenziale. Già nel novembre scorso, infatti, il governo di Kiev ha ritirato le proprie disposizioni in materia, ma la questione ha finito per investire anche un altro paese che, sebbene non coinvolto nell’organizzazione degli europei di calcio, era noto per il modo spiccio con cui risolveva i problemi dei randagi: la Romania. Lì è intervenuta la corte costituzionale fulminando la legge “ammazza-randagi” che consentiva le stragi. Pare che focolai sanguinosi ai danni di cani e gatti ce ne siano ancora in entrambi i paesi, ma le dimensioni della questione sono già fortemente ridimensionate. E gli animalisti non mollano la presa, continuando la pressione esercitata finora. Ma non sul governo di Kiev o di Bucarest, come sarebbe normale, bensì sulla UEFA, e con una minaccia precisa, un vero colpo di genio: se la mattanza non viene fermata, non seguiremo in TV le partite degli europei. Roba da nulla, se rimane confinata tra quattro fanatici animalisti. Ma un gran danno per i giganteschi introiti pubblicitari, se la cosa diventa virale, com’è diventata. Gli attivisti di questa sacrosanta battaglia, insomma, hanno capito in un colpo solo il meccanismo potentissimo della Rete e la realtà odierna dei fatti: inutile minacciare politici o istituzioni. Occorre minacciare il business. Facendo leva su un tema mobilitante tra i più generali esistenti, l’opposizione all’uccisione di animali da compagnia, si è raggiunta una platea non di cittadini, di per sé ormai irrilevanti in questo contesto di mercificazione globale, ma di consumatori. Non si sono prefigurate manifestazioni e presidi davanti agli stadi, facilmente risolvibili con qualche manganello, ma il rifiuto di sottoporsi al bombardamento pubblicitario veicolato da quell’aborto di sport che è oggi il calcio. Missione compiuta dunque. Chiunque sia stato a concepire la campagna mediatica e web contro la strage di randagi, ha mostrato una lucidità assoluta. Ha colpito il bersaglio vero, non il suo fantoccio, e ha creato la massa critica, facendo sì che l’impressione suscitata dall’inumanità di quello che stava accadendo attivasse una grande platea di persone. Il governo ucraino non è stato smosso dalla mobilitazione. È più probabile che a smuoverlo siano state le pressioni della UEFA, destinataria dell’appello, affinché la mattanza si interrompesse, e potesse proseguire indisturbato il flusso d’affari che accompagna la kermesse calcistica. A buon peso, per quietare gli animalisti, di mezzo c’è finita poi anche la Romania. L’intelligenza con cui è stata condotta la campagna animalista, sotto quest’ottica, conduce a due ordini di considerazioni. La prima riguarda l’alfabetizzazione informatica (ma vale anche per quella tradizionale). Il troppo sapere distrae dalle cose semplici e dotate di senso. L’internauta esperto rischia di essere troppo esperto di fronte ad appelli del genere, e finisce per sottovalutarli, con ciò privando una causa giusta di un supporto magari di valore. Certo, queste cause trovano il sostegno delle masse che usano Internet con la pancia invece che con la testa, ma rimane vero che la troppa esperienza, l’eccesso di conoscenza fa essere disincantati, e induce a scambiare per falsi “al lupo al lupo”, appelli che invece sono di vera sostanza. La seconda considerazione, più pratica, riguarda le potenzialità mobilitative dei consumatori (ex cittadini) in Rete. Gruppi ambientalisti hanno trovato la chiave per il sostanziale successo di una campagna di massa, attaccando il nemico vero, usando il mezzo più efficace e moderno, su un tema sacrosanto ma che fa facile presa sulle persone. La domanda è: anche la sopravvivenza propria, il futuro della propria progenie, il desiderio di giustizia, libertà ed equità per tutti, sono temi che dovrebbero far presa, tanto quanto il destino infame delle povere bestiole ucraine o romene. Eppure queste sembrano in grado di ottenere un’attenzione, una partecipazione e una mobilitazione unitaria superiore, se è vero com’è vero che nella Rete virtuale, come nella realtà analogica, ci si disperde dividendosi pro o contro quella parte politica, pro o contro interessi settoriali: operai contro taxisti, impiegati contro benzinai, e così via. Ignorando di fatto l’enorme potere di pressione e manovra attiva che il sistema ha posto nelle mani dei cittadini, forzandoli in quell’uguaglianza plastificata dell’essere tutti consumatori. Come tali, agendo uniti in Rete e mirando al bersaglio giusto, come accaduto per i poveri cani ucraini, potrebbero sfuggire al solito e tanto attuale meccanismo del “divide et impera”. Potrebbero insomma tenere il sistema per le palle.

Marco

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