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Guerra in Afghanistan: una strage troppo spesso ignorata

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Messaggio  Marco Sab Apr 10, 2010 3:04 am

Mentre le televisioni di tutto il mondo, persino quella italiana, mostrano un video-choc risalente al 2007, iracheno, dove si vede come i rambo americani, al sicuro sui loro bombardieri, abbiano il grilletto facile e gli basti scambiare un reporter della Reuter con una cinepresa in mano per un insorto e fare una strage uccidendo una dozzina di persone, fra cui due bambini, cose di questo genere, e peggiori, sono all’ordine del giorno in Afghanistan ma passano sotto silenzio, o nascoste nelle pagine più interne dei giornali. Non solo perché non vi sono coinvolti occidentali, ma perché l’Afghanistan è un Paese remoto e gli afgani, non essendo nemmeno arabi, non hanno santi in paradiso per cui se ne può fare carne di porco.
Il 12 febbraio a Gardez, nell’est dell’Afghanistan, i reparti dell’American Special Operation Force, in uno dei consueti raid, hanno ucciso tre donne, due delle quali, madri di dieci e di sei figli, incinte. Poi hanno cercato di far sparire le tracce del loro eccidio e di attribuirlo agli afgani, affermando che «le tre donne, legate e imbavagliate, nascoste in una stanza», erano state uccise qualche ora prima del blitz. La balla era così spudorata che persino la polizia afgana, di solito di manica larghissima con gli americani, ha dovuto smascherarli. Gli americani sono stati costretti ad ammettere «È stato un incidente. Ce ne scusiamo».
Di questi «incidenti» ne accadono ogni giorno in Afghanistan. Da quando, un paio di mesi fa, il comandante in capo delle forze alleate, Stanley McChristal, ha annunciato la nuova strategia, il «Surge», che nessuno capisce cosa sia tranne che dovrebbe evitare di colpire i civili, per non alimentare il montante odio degli afgani contro gli occupanti, ne sono stati uccisi una cinquantina. E parliamo solo delle notizie che sono filtrate fino a noi.
Sfoglio i miei ritagli. «Spari sulla folla, è strage. Rivolta in piazza a Kabul» (30/5/2006); «Bombe sulle case, strage di civili in Afghanistan» (27/10/2006); «Afghanistan, nuove vittime civili» (28/10/2006); «Massacro di civili dopo l’imboscata agli Usa» (5/3/2007); «Afghanistan, raid Nato. Tra le vittime 45 civili» (2/7/2007); «Afghanistan, gli italiani sparano. Decapitata una bimba di 12 anni» (13/2/2008); «Strage in Afghanistan. Le scuse dell’America» (7/5/2009); «Afghanistan, attacco Nato. Strage di talebani e civili» (5/9/2009); «Afghanistan, colpiti bambini di 5 anni» (10/2/2010); «Afghanistan, nuova strage di civili» (23/2/2010). Devo continuare? E questo non è che un florilegio del materiale da me raccolto e una parte infinitesima di ciò che è accaduto nei nove anni di occupazione occidentale.
La situazione è talmente compromessa che il presidente Karzai, la cui sopravvivenza dipende dalla presenza delle truppe Nato, ha dichiarato in una conferenza stampa: «Gli americani lavorano perché il conflitto continui per poter continuare ad occupare il Paese. Se va avanti così diventerò alleato dei Talebani». Un simile azzardo da parte di Karzai vuol dire una sola cosa: che i Talebani stan vincendo la partita, non sul piano militare, dove la sproporzione tecnologica è enorme, ma perché ormai è passata dalla loro parte pressoché l’intera popolazione afgana, anche quella parte che prima li detestava e li aveva combattuti. E noi italiani? Fino a quando intendiamo rimanere complici di una mattanza quotidiana che non ha più alcuna ragion d’essere, se mai ne ha avuto una?

Marco

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Messaggio  Marco Dom Apr 11, 2010 5:38 am

È ridicola l’enfasi che la stampa internazionale ha dato al preaccordo fra Stati Uniti e Russia per ridurre di un terzo i loro armamenti nucleari. Ridicola perché alla Russia rimarranno circa 8000 atomiche e agli americani 7000, quando con un centinaio di questi ordigni si può distruggere non solo un eventuale nemico ma l’intero pianeta. Che cambia? In realtà, come spiega bene Franco Venturini sul Corriere, l’accordo è in funzione anti-iraniana. Questo è il suo vero e unico scopo. Le due superpotenze dicono alla comunità internazionale, cioè in pratica a se stesse, guardate come siamo brave noi che riduciamo i nostri arsenali nucleari, mentre l’Iran, “brutto, sporco e cattivo”, se ne vuole costruire uno.

È come se un tipo armato di mille fucili ne buttasse via un centinaio e pretendesse, in nome di ciò, che l’avversario inerme non se ne fabbricasse nemmeno uno. Questo accordo si lega alla nuova “dottrina Obama” (il quale sta facendo rimpiangere George Bush che perlomeno, nella sua brutalità, era più onesto) per cui gli Stati Uniti si impegnano, bontà loro, a non attaccare nessun Paese con armi atomiche purché (tutto sta in questo “purché”) abbiano firmato il Trattato di non proliferazione nucleare e dimostrino di non violarlo. E allora dell’alleato Pakistan che ne facciamo? E di Israele che non ha firmato il Trattato ma la Bomba, com’è notorio, ce l’ha anche se non lo ammette e i suoi missili nucleari sono puntati sul territorio iraniano? No, l’ammonimento vale solo per Teheran. L’Iran è circondato da potenze nucleari, Russia, Cina, India, Pakistan, Israele, alcune dichiaratamente ostili. Non fosse che per questo avrebbe diritto di costruirsi la sua Atomica che è un’arma di pura deterrenza perché nessun regime, nemmeno quello degli Ayatollah, sarebbe così pazzo da farne uso sapendo che nel giro di qualche ora sarebbe raso al suolo dalla reazione americana. Ma, allo stato, non c’è alcuna prova che l’Iran voglia costruirsi l’Atomica. Ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare e lo ha rispettato. Ha riaperto i suoi siti nucleari alla presenza degli ispettori dell’Aiea, l’agenzia Onu per il controllo dell’energia nucleare e ne ha accettato i controlli. Finora le ispezioni hanno verificato che l’arricchimento dell’uranio nelle centrali iraniane non supera il 20% che è la quota necessaria per usare il nucleare a fini civili, energetici e medici. Mentre per arrivare a costruire una bomba atomica l’arricchimento deve superare il 90%. Vari esponenti americani, politici e militari, avevano dichiarato negli anni scorsi che l’Iran si sarebbe fatta l’Atomica “entro il 2010”. Il 2010 è arrivato e gli iraniani non hanno nemmeno completato il loro programma di nucleare civile.

E allora? L’aggressività occidentale si basa su un processo alle intenzioni, sul sospetto che gli iraniani vogliano andare oltre. E io, non riesco a capire perché in base a un semplice sospetto un Paese, l’Iran, debba essere imbottito di sanzioni e minacciato di attacchi nucleari (la stampa americana ha documentato che piani del genere sono stati approntati sia da Washington che da Tel Aviv) e un altro Paese, Israele, che la Bomba ce l’ha e sembra dispostissimo a usarla, come i suoi dirigenti hanno più volte fatto capire, debba essere lasciato tranquillo. L’unica ragione che vedo è che l’Occidente si percepisce come troppo civile, una “cultura superiore”, per fare stragi atomiche, mentre ci sarebbero “culture inferiori” incontrollabili e disposte a tutto. Ma finora gli unici ad aver osato buttare un paio di bombette atomiche sono stati proprio i civilissimi United States of America che da più di mezzo secolo pretendono, anche a suon di bombe all’uranio impoverito (Serbia, Iraq, Afghanistan), di fare la morale al mondo intero

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Messaggio  Marco Mer Apr 14, 2010 8:05 pm

Un giorno non ce l’ho più fatta. Ho sentito il bisogno di scoprire l’altra faccia del mondo, di andare a fare il chirurgo di guerra. Poi non è stato possibile tornare sui miei passi: avevo visto troppo dolore, troppe ingiustizie (Gino Strada)

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Messaggio  Marco Sab Apr 17, 2010 12:08 am

Perché i nostri militari sono ancora in Afghanistan? Nessun cittadino italiano sa rispondere a questa domanda. Unica eccezione La Russa che ha saputo la risposta direttamente da Luttwak. C'è uno scenario di guerra che dura da quasi dieci anni, dove noi occidentali siamo li con le armi in pugno a occupare territori e depredare risorse. La storia dei terroristi non regge più, se non nei giornali di regime o nei media ipercontrollati da quelle stesse multinazionali che la guerra la sostengono! Emergency è di piu' di un'ospedale. E' l'occhio segreto di quel che accade realmente in Afghanistan, scomodo a troppi. Il contingente italiano è passato dallo svolgere semplici operazioni umanitarie alla partecipazione diretta alle operazioni militari, con l'allineamento alle regole imposte dallo 'Enduring freedom'. E, per dirla alla Bush: 'nemmeno io sarei contento se qualcuno occupasse con l'esercito la mia nazione'.

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Messaggio  Marco Ven Apr 30, 2010 10:21 pm

Non ha più alcuna giusticazione, se mai ne ha avuta una, il conflitto in Afghanistan. Che è il più vigliacco che si sia mai visto;da una parte c'è gente che combatte con aerei fantasma, privi di equipaggio, i Dardo e i Predator, e dall'altra uomini in ciabatte che si battono quasi a mani nude. Dove a morire sono solo i civili:gli equivoci che porta una "non guerra" ad essere invece una guerra.E che ci vede impegnati.
Non si può vivere tutta la vita ai confini della realtà a credere a ciò che non esiste.

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Messaggio  Marco Mar Mag 18, 2010 6:39 pm

Sono sicuro che il ministro della Difesa Ignazio La Russa, consapevole delle sue responsabilità istituzionali, a fronte della morte di due nostri soldati in Afghanistan e delle loro prossime esequie rinuncerà alla trasferta a Madrid per la finale di Champions League, e sceglierà di restare in Italia a svolgere il suo dovere.

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Messaggio  Marco Gio Mag 20, 2010 12:20 am

Che facciamo in Afghanistan? Da il Fatto Quotidiano del 20 maggio articolo di Massimo Fini

Gli americani, secondo stime che risalgono al 2009, hanno perso 850 uomini, gli inglesi 216, i canadesi 131. la Danimarca 26. Da allora sono caduti altri 200 soldati della Nato

Dopo l'agguato talebano che è costato la vita a due nostri militari ferendone gravemente altri due, il ministro della Difesa La Russa si è affrettato a chiarire che “non è stato un attacco all'Italia”. Certo, nella colonna di 130 mezzi che trasportava 400 uomini c'erano americani, spagnoli e soldati di altri nove Paesi che, nella regione di Herat, occupano l'Afghanistan. È stato un attacco alla Nato. Riaffiora però qui la retorica, tipicamente fascista, degli "italiani brava gente" che, a differenza degli altri, sanno farsi voler bene dalla popolazione che quindi non li prende di mira. Sciocchezze. Gli italiani sono odiati esattamente come tutti gli altri occupanti, con l'eccezione negativa degli americani che sono odiati di più perché tutti sanno, in Afghanistan e altrove, che questa guerra è voluta da Washington e che il presidente-fantoccio Hamid Karzai, che nel Paese non gode di alcun prestigio perché mentre negli anni '80 i suoi connazionali si battevano con straordinario coraggio contro gli invasori sovietici lui faceva affari con gli yankee, è alle dirette dipendenze dell'Amministrazione Usa. Non è per la morte di due soldati che dobbiamo lasciare l'Afghanistan.

Gli americani, secondo stime che risalgono alla fine del 2009, hanno perso 850 uomini, gli inglesi, che sono i soli a battersi, anche se non sempre, "all'afghana", cioè senza l'uso sistematico dei bombardieri che uccidono ed esasperano la popolazione civile, 216, i canadesi 131, la Danimarca 26, più del 10% del suo piccolo contingente di 200 uomini. Da allora sono caduti altri 200 soldati della Nato e l’altro giorno ne sono caduti altri sei, cinque americani. Ma la domanda “Che cosa ci stiamo a fare in Afghanistan?” abbiamo pur il diritto di porcela e di porla alle nostre classi dirigenti. Berlusconi, Frattini, La Russa hanno cantato la solita solfa. Berlusconi: “La nostra missione in Afghanistan è di straordinaria importanza per la stabilità e la pacificazione di un'area strategica”. Frattini: “La nostra è una missione di pace, fondamentale, che continuerà per la nostra sicurezza e il bene del popolo afghano”. La Russa: “È una missione per la sicurezza e la pace a casa nostra”. Ora, in tutta la storia, passata e recente, dell'Afghanistan non c'è un solo afghano che si sia reso responsabile di un atto di terrorismo internazionale, cioè fuori dal proprio Paese. E se dal 2006 anche gli afghani si sono decisi a utilizzare il terrorismo e i kamikaze, cosa totalmente estranea alla loro cultura e natura di guerrieri, dopo un aspro dibattito all'interno della leadership talebana (il Mullah Omar era contrario perché il terrorismo, anche se sempre mirato, nel caso talebano, a obiettivi militari e politici, colpisce inevitabilmente anche la popolazione civile sul cui appoggio si sostiene la guerriglia) è perché gli eserciti occidentali, a differenza di quello sovietico, (contro cui non ci fu mai un atto di tipo terroristico) non hanno nemmeno la dignità di battersi sul campo, ma usano a tappeto l'aviazione, spesso con aerei senza equipaggio, i Dardo e i Predator, bombardando indiscriminatamente i villaggi uccidendo vecchi, donne e bambini.

Contro un nemico che non combatte con lealtà, dignità, onore, ma usa i robot, che cosa può fare una resistenza se non ricorrere alle povere armi di cui dispone, ordigni quasi sempre rudimentali messi insieme con materiali di fortuna come i tergicristalli? I "vigliacchi", egregio ministro La Russa, stanno da un'altra parte. In quanto all’“insicurezza e alla instabilità del Paese” è del tutto evidente che è provocata proprio dalla presenza delle truppe straniere, che gli afghani, popolo orgoglioso come pochi, non hanno mai tollerato cacciando, nella loro storia, inglesi e sovietici così come, prima o poi, cacceranno gli odierni occupanti. L'Afghanistan talebano era sicuro e stabile. Aveva un regime, delle leggi, dei costumi che non ci piacciono. Ma si può fare la guerra a un popolo solo perché è diverso da noi e non si ispira ai sacri principi di Locke e di Stuart Mill? Pretendere di omologare ogni popolo che ha storia, cultura, vissuti diversi, ai nostri valorièunaformaditotalitarismo indegno di un mondo che si definisce liberale e democratico.

Un liberale che pretende che tutti siano liberali non è un liberale: è un fascista. Nell'atroce vicenda afghana siamo noi, paradossalmente, i fascisti mentre i talebani hanno la parte dei difensori della libertà, la loro libertà da un'occupazione straniera, comunque motivata. È un modo molto curioso quello di “operare per il bene del popolo afghano”, per esprimerci con le parole del ministro Frattini, uccidendo i suoi abitanti a centinaia di migliaia, come del resto abbiamo già fatto in Iraq. Se la morte di due soldati provoca sofferenza e dolore nelle loro famiglie , nei padri, nelle madri, nei figli, nei fratelli, nelle sorelle, che cosa devono dire gli afghani? Non hanno anch'essi padri e madri e figli e fratelli e sorelle che ogni giorno che dio manda in terra devono piegarsi sui propri morti, siano essi guerriglieri, soldati "regolari" del grottesco esercito di Karzai che si sono arruolati perché la disoccupazione, che noi abbiamo portato in quel Paese, non gli lascia alternative, o, peggio, civili? Smettiamola con questa farsa tragica. Con le ipocrisie ributtanti. Noi siamo in Afghanistan solo per un malinteso senso di prestigio. È per difendere la faccia, la nostra bella faccia, che uccidiamo ogni giorno, noi o i nostri alleati, gente che non ci ha fatto nulla e, a volte, veniamo anche noi, del tutto legittimamente uccisi. Ritorniamo a casa nostra, ai nostri Scajola,ai nostri Anemone, ai nostri Balducci, alla nostra corruzione, alla nostra pubblicità, ai nostri giochini idioti, al nostro grasso benessere, al nostro marciume materiale e morale, e lasciamo che un popolo, infinitamente più dignitoso di noi, anche antropologicamente, possa decidere da sé del proprio destino.

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Messaggio  STEFANO MALFATTI Gio Mag 20, 2010 5:17 am

Mi piacerebbe conoscere il parere del sig.Fini, così esperto di cose afghane, riguardo l'altra invasione, quella russa.
Se rimane scioccato da questa, immagino che la precedente l'abbia "ucciso", se piange GIUSTAMENTE la popolazione civile che paga amaramente questa guerra, presumo che i precedenti massacri, persino più atroci, l'avranno sconvolto.
Se così non è stato è perché allora tutto veniva raccontato in modo soft, anzi non veniva raccontato affatto, sai com'è, l'aggressore è di quelli intoccabili e se chiude i rubinetti al partito ... come si fa a tirare avanti?
Ma perché i fatti non li raccontiamo tutti e per bene?
Perché si parla solo delle guerre che fanno comodo e tutte le altre neanche le sfioriamo?
Che ipocrisia, ma non ci casco!
Non ho molto tempo ora, ma quanto prima affronterò per bene l'argomento Afghanistan, nella giusta maniera, così, tanto per non lasciare niente indietro, tanto per dirla tutta senza problemi.
E allora purtroppo si dovranno raccontare tante cose brutte patite dal popolo afghano negli anni addietro, fatti accaduti e poco pubblicizzati, questo perché anche all'epoca del popolo afghano importava ben poco e ciò che contava davvero erano gli interessi, non soltanto americani, in ballo.
Queste cose il sig.Fini le ha mai raccontate negli anni '80?
a molto presto -sm-
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Messaggio  Marco Gio Mag 20, 2010 6:54 am

Quello che fa male è che l'ultrà La Russa che a tempo perso fa il ministro è incazzato perchè ha pochi biglietti per sabato.

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Messaggio  STEFANO MALFATTI Gio Mag 20, 2010 7:21 pm

Scusa ma non ho capito bene che cosa dici, stiamo parlando di fatti che non meritano di essere mischiati con personaggi simili, qui si parla di Afghanistan e non di biglietti di finali.
Mi fa molto più male vedere la gente morire per gli attentati talebani o per i bombardamenti ... intelligenti.
Ed anche per i nostri soldati, anche per loro! Crying or Very sad
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Messaggio  Marco Ven Mag 21, 2010 8:21 pm

Dico semplicemente che quando un militare muore in una zona di conflitto è un eroe della Patria. Quando è un giornalista, un volontario o un medico di una ong a perdere la vita o a rischiarla in condizioni estreme è solo un italiano che doveva stare più attento.

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Messaggio  Marco Dom Gen 09, 2011 5:41 am

Alle penose diatribe fra il ministro della Difesa Ignazio La Russa e il generale Vincenzo Camporini, così tristemente tipiche dell’Italia di oggi, preferisco l’umanità, la sensibilità e la profondità della lettera che Matteo Miotto, l’alpino ucciso in combattimento in Afghanistan, scrisse un paio di mesi fa dopo la morte di quattro suoi commilitoni. Una lettera che sembra venire da un mondo lontano, antico, da una “razza Piave” che pur è esistita, e nel cuore e nella mente di Matteo esisteva ancora, sostituita dai La Russa e da tutto ciò che un La Russa significa. Nella lettera, scevra di ogni retorica, di questo giovanottone veneto c’è tutto l’orgoglio per le proprie radici e la fierezza di appartenere al corpo degli alpini, ma c’è pure la consapevolezza che la stessa fierezza, lo stesso orgoglio per le proprie radici, le proprie tradizioni, il proprio modo di essere, di vivere e morire, appartiene anche al nemico afghano, al nemico talebano. Scrive Matteo: “Questi popoli hanno saputo conservare le proprie radici, dopo che i migliori eserciti, le più grosse armate hanno marciato sulle loro case, invano. L’essenza del popolo afghano è viva, le loro tradizioni si ripetono immutate, possiamo ritenerle sbagliate, arcaiche, ma da migliaia di anni sono rimaste immutate. Gente che nasce, vive e muore per amore delle proprie radici, della propria terra e di essa si nutre. Allora capisci che questo strano popolo dalle usanze a volte anche stravaganti ha qualcosa da insegnare anche a noi”. Proprio perché è orgoglioso delle sue radici, il giovane Matteo comprende che questo sentimento può appartenere e appartiene, anche ad altri popoli, ad altra gente che per difenderle è disposta a combattere e a morire. I governanti, politici e militari, dei Paesi occidentali che da dieci anni occupano l’Afghanistan si rifiutano di comprendere ciò che il giovane Matteo, con le sue solide radici, con i suoi solidi valori, non lontani, quando si chiamano fierezza, orgoglio, disposizione al sacrificio, anche estremo, da quelli del popolo afghano, ha capito benissimo. Il nocciolo della guerra afghana, a parte i loschi interessi di chi la sta conducendo, la distruzione per lucrare sul business della ricostruzione, gli aiuti fasulli, il turismo estremo delle Ong, è tutto qui. È assolutamente inutile che i comandi politici e militari occidentali si intestardiscano nel voler “conquistare i cuori e le menti degli afghani”, perché questa gente vuole conservare i propri cuori, le proprie menti, le proprie radici, le proprie tradizioni, i propri costumi, anche se noi, come scrive Matteo “possiamo ritenerle sbagliate, arcaiche”. Il fatto è che sono le loro radici e non sono disposti a cambiarle con quelle di altri, soprattutto se imposte con l’arroganza di chi si ritiene detentore di una “cultura superiore”, con la violenza, con le bombe che uccidono tutti, guerriglieri talebani, vecchi, donne e soprattutto quei bambini, cenciosi ma vitali, che Matteo Miotto osserva, pensieroso, dal suo Lince (i bambini sono il 40% dei ricoverati negli ospedali afghani). Matteo ammira questo popolo che, nonostante “i migliori eserciti, le più grosse armate” siano passate sul suo corpo, è riuscito a conservare se stesso, la propria anima. Dall’intero tono della lettera si capisce che Matteo non era convinto che la guerra cui stava partecipando fosse giusta, che fosse giusto combattere altri ragazzi come lui (perché anche i talebani sono dei ragazzi), diversissimi in tante cose, ma con alcuni valori essenziali, prepolitici, che li accomunano: la difesa della propria identità, della propria dignità, delle proprie radici. Non era convinto, ma da bravo soldato, da veneto orgoglioso e fiero, ha fatto il suo dovere fino all’ultimo, fino al sacrificio della vita. Come un vero alpino. Come un talebano. E sono certo che, se da qualche luogo misterioso ci può ascoltare, questo paragone non lo offenderà. Il ministro competente sarebbe giusto riflettesse almeno su quello che scrivono no quei maledetti "comunisti" ma almeno i ragazzi al fronte.

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Messaggio  STEFANO MALFATTI Dom Gen 09, 2011 8:23 pm

Come un vero alpino ...?
Come un talebano ...!!!!!!
Paragonare una penna nera ad un talebano è davvero al limite della follia, non fosse altro che non ci crederei neanche se lo vedessi ad un alpino piazzato fuori una scuola femminile e tirare in faccia alle ragazze acido muriatico, deturpando il loro viso.
La loro colpa? Voler studiare.
Certo mi rendo conto quanto questa colpa sia grave tanto da meritare una simile punizione, ma in questo caso forse ci si può anche sorvolare sopra se questo è il prezzo da pagare per difendere "i valori essenziali, prepolitici che li accomunano:la difesa della loro identità, della loro dignità, delle loro radici".
Ma bravo, ma che belle parole, quasi ci commuovi, ma ovviamente stiamo scherzando, oltre tutto il resto il diritto allo studio esiste e vale per tutti i paesi civili, Italia in testa (naturalmente questa grande voglia di insegnare da una parte e di studiare dall'altra vale fino all'approssimarsi delle vacanze natalizie, a quel punto l'oblio scende rapido e si godono fino in fondo questi 20 giorni di festa, tanto che problema c'è, per insegnare c'è sempre tempo ed i soldi a fine mese arrivano lo stesso ...), in quel caso esiste e va difeso a tutti i costi, anche spaccando e distruggendo il centro di Roma.
Ma qui entra in ballo la prepotenza e la violenza, la stessa guarda caso che a tanti chilometri di distanza impedisce a qualcuno di imparare qualcosa, oppure che distrugge opere di alto valore archeologico e culturale ritenendole inutili se non blasfeme.
E' questo l'accostamento che tu ci proponi?
Fai una bella cosa, gira al largo da noi e cerca di sparire nel nulla, se sono queste le tue lezioni di vita e di verità assoluta ne possiamo fare certamente a meno, non abbiamo bisogno di leggere certe cazzate perché vedi la vita è già pesante di suo, ma tu riesci davvero a peggiorarla.
Mi sono spiegato allora, cerca di non ammorbarci più la vita!
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