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La non tutela del nostro patrimonio archeologico

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Messaggio  STEFANO MALFATTI Lun Nov 08, 2010 10:00 pm

Pompei, altro che il Vesuvio ...

STEFANO MALFATTI
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Messaggio  Simone Mar Nov 09, 2010 8:33 am

e' lungo ma merita di essere letto


La dittatura dei cafoni

Un'amica mi scongiura di scriverne: «Fai qualcosa», mi dice.
Così ne scrivo, senza alcuna speranza.
Che è successo?
La villa che lei ha ereditato dal marito in Sicilia (località Spartà, a nord di Messina) ha un nuovo vicino. Un ex parlamentare, a quanto pare.
Questo figuro ha costruito la sua propria villozza, orribile e pretenziosa.
Ammassando tonnellate di terra di riporto sul muro della mia amica.
E' un semplice muro di cinta, non di sostegno: il rischio di crollo è imminente, già con la pioggia l'acqua filtra.
Il muro, sepolto dalla terra, è ora alto meno di mezzo metro: già i cagnacci dell'individuo sono quasi in grado di saltare oltre ...
... e mordere i nipotini della mia amica.
L'individuo continua a costruire casotti («spogliatoi» per la sua «piscina», o quella che chiama tale) sempre più a ridosso, sempre vicino che può al terreno dell'altra.
Rubacchia metro dopo metro.
Preghiere, osservazioni razionali, discussioni, sono tutte inutili.
Vi si è risposto con minacce coperte, alla siciliana.
La mia amica s'è rivolta ai «vigili ambientali» (incredibile, esistono nella Sicilia devastata dalle villozze abusive, quell'orlo nero e sporco, come un'unghia di cafone, lungo tutta quanta la costa) con un esposto.
Dopo mesi, anzi un anno, nessuno si è fatto vivo.
Lettere di avvocati: non arrivano a destinazione, il figuro non ha un indirizzo certo.
Segue denuncia ai Carabinieri, che si muovono.
Hanno il cellulare del figuro: che dalla sua villa di Sicilia (è stato visto) risponde ripetutamente «Sono a Roma per il momento».
Infine i carabinieri visitano, constatano i danni, ammoniscono il tizio.
Il quale risponde: «Sono un ex parlamentare».
E' il suo lasciapassare e il suo atto di immunità per le violazioni del codice patenti e palesi: è stato un uomo di De Mita.
Per di più, subito dopo, i Carabinieri ricevono una telefonata dall'«assessore»: telefonata intimidatoria, a protezione del suo «amico ex parlamentare».
A Milano, Genova o Parma, simile telefonata di simile «assessore» avrebbe per conseguenza un'immediata denuncia dei CC alla magistratura.
In Sicilia no.
Per me è chiaro che il figuro «vuole» provocare il crollo, ridurre la mia amica alla disperazione, e indurla a vendere la villa a lui per una miseria.
Perché la villa della mia amica è ovviamente più bella della sua: è bella non perché è ricca, ma perché è amata.
Il marito della mia amica, il mio più grande amico, oggi defunto, ci ha consumato una vita per farla così, ha piantato arbusti che sono ora alberi grandi e meravigliosi, l'ha dipinta come una villa pompeiana di sua mano, di sua mano ha posto i mosaici pavimentali, chino sotto il sole per anni.
E' la sola villa della zona che non si scorga dal mare, che non sia un pugno in un occhio di scrostature abusive, il solo luogo dove tutto quel che si vede è vigorosa vegetazione mediterranea «naturale» (niente palmizi né abeti), il solo senza cumuli di spazzatura e plastica di rigetto in bella vista.
Il cafone arrogante non può farsi una villa così, non ci arriva con la testa e col cuore.
Però la invidia e la vuole, e ha messo in atto i metodi della dittatura cafonica italiota.
Sprezzo della legge, pressione e minaccia implicita.
«Scrivi qualcosa», dice la mia amica.
Ma che farci.
Spartà è il paese (poche anime) in cui davanti all'unico bar staziona una Ferrari di un figuro del luogo, mai nemmeno interrogato.
E' il paesotto dove il direttore didattico della scuola s'è costruito la casa abusiva nel terreno destinato a parco-giochi, e invita gli amici per travolgenti gare di karaoke (si picca di essere un cantante).
C'è poco da fare.
Un'altra amica, molto anziana, mi chiama da Viterbo.
Ha preso una casa in affitto, e non riceve il gas.
Ha fatto domanda da tre mesi all'Enel: nulla.
Ora viene l'inverno, e la casa non ha acqua calda né riscaldamento.
Telefonate insistenti al numero «assistenza-clienti», un 800, non hanno alcun esito.
Dall'altra parte rispondono signore o ragazze sparse per l'Italia, sempre diverse, che ascoltano sgomente la storia, non capiscono come possa essere successo, e dicono: «Non possiamo far altro che segnalare il suo caso».
La signore dei call-center, si sa, non hanno potere alcuno: sono lì solo per finzione di modernità.
La mia amica viterbese ha scoperto che la centrale generale per tutte le forniture e i contratti è stata posta dall'Enel…a Potenza, Basilicata.
E' Potenza che non risponde e non avvia la pratica.
Perché l'Enel, questo orrendo monopolio oggi «privatizzato», abbia posto la centrale-totale non a Roma o Milano ma a Potenza, è evidente di per sé.
Ha a qualche uomo di panza locale che voleva «posti di lavoro» per le sue clientele di cafoni.
O per i suoi camorristi, o 'ndranghetisti.
Costoro, ottenuto «il posto», si guardano bene dallo svolgere un qualunque servizio al cliente. Probabilmente non vanno nemmeno in ufficio.
Cerco sulle Pagine Bianche.
Esse mi assicurano che la centrale Enel di Potenza esiste.
Ma non c'è indirizzo.
Solo «85100 Potenza», tutto lì.
Quanto ai numeri di telefono, sono i soliti «800» a cui rispondono signore e ragazze impotenti, che non abitano nemmeno a Potenza ma sparse per l'Italia.
C'è, in compenso, «Arca, Associazione dipendenti Enel», in via Tirreno 9, e anche al n. 63, a Potenza.
Immagino la sala-giochi, i manifesti sindacali, il viavai stracco e gli affari sporchi: bisogna pur occupare il tempo. C'è anche il telefono, 0971 56007.
Ma inutile telefonare per servizio: «si rivolga all'800», rispondo i marpioni.
La centrale assoluta Enel, quella di Potenza, è assolutamente irraggiungibile.
Un buco nero.
In cui sono asserragliati camorristi e cafoni per prendere lo stipendio, a posto fisso, senza far nulla.
Alla fine, la mia amica viene consigliata: chiama il Gabibbo.
Forse, il tuo caso può interessare «Striscia la notizia».
Lo trovo facilmente il numero del Gabibbo, Medisaet, Milano.
Per avere servizi, per avere giustizia, nell'Italia sotto il tallone dei cafoni, l'unica speranza è rivolgersi al Gabibbo.
Perché almeno, i cafoni, il Gabibbo sanno chi è e ne hanno po' di paura di fare brutta figura davanti «a sei milioni di teleutenti».
Le trasmissioni di denuncia migliori – della Gabanelli, ad esempio – restano lettera morta, perché i cafoni e i loro referenti politici non le guardano e se ne fregano, sicuri dell'impunità garantita dalla rete cafona-camorrista-parlamentare.
Per cui è inutile il giornalismo di denuncia.

Su La 7 mi è capitato di vedere un'inchiesta sul degrado di Pompei (1) Più precisamente, del sequestro operato dalla camorra-cafona su questo sito archeologico unico al mondo, con 3 milioni di visitatori l'anno, il cui profitto turistico da solo potrebbe far prosperare la Campania e dare lavoro a centinaia di migliaia di napoletani, dai più colti e preparati (turismo culturale, pubblicazioni, artigianato) ai camerieri e ristoratori.
Grandi alberghi lucenti, parchi tematici…
Invece niente.
Ci sono pochi alberghi, piccoli, molti chiusi, tutti scrostati e con cumuli di rifiuti sulle porte.
Un consigliere comunale con faccia da camorrista dice: il turismo è solo di passaggio, perché i charter e le comitive richiedono alberghi da almeno 50 posti.
Bella scoperta, l'hanno capito persino in Kenia.
Il servizio mostra una zona destinata a nuovi alberghi: ci sono invece casette pretenziose e abusive, a ridosso dell'area archeologica, perché i cafoni hanno sentito dire che gli scavi sono «di pregio» e dunque vogliono starci sopra.
Qualcuno spiega che la camorra ha scelto di fare case, non alberghi, perché non ha il livello per gestire le cose grandi, non ha la testa.
E' la testa di cafoni, dopotutto.
Di gente della zolla, anche se ha la Mercedes argento.
Si vedono «guide autorizzate», con il badge che li qualifica «archeologo», e che parlano in dialetto stretto e minacciano la giornalista.
«Si qualifichi, dica chi è», intimano torreggiando minacciosi sulla ragazza.
Chiedono, queste «guide», 150 euro per far visitare i siti: si fanno anche 15 mila euro al mese, la paga dei loro cafoni e complici deputati e senatori.
Persino i venditori abusivi di bibite, in baracche sporche e raffazzonate, intimano: «Si qualifichi, lei chi è?», come fossero loro poliziotti.
E lì lo sono: lì sono loro la legge.
Hanno pagato il pizzo alla camorra per la baracca, quindi sono sicuri del loro diritto.
Per tre milioni di turisti, non ci sono che quattro o cinque toilettes, potete immaginare in che stato.
Così, per pisciare, il turista deve rivolgersi a quei baracchini di bibite abusivi, che chiedono un euro o mezzo euro.
Uno dei baracchini si è appropriato dell'unico WC comunale: ci ha messo i lucchetti, chi vuole usarlo deve bere una coca e pagare 0,50 per la pipì.
Quando la giornalista chiama i vigili, e questi arrivano (con la faccia di camorristi che devono far finta di lavorare perché «c'è la tv»): il baracchino abusivo è chiuso sprangato, non c'è nessuno.
E sprangato anche il cesso pubblico, col lucchetto.
I vigili camorristi non possono farci niente.
Ma da quel momento la giornalista è ancor più minacciata, fisicamente: «Vai via di qui!», grida una barista.
«Via di qui, hai fatto l'imbasciata», minaccia un «archeologo», usando il termine della delinquenza («imbasciata» per «fare la spia»).
Poi si vede dove portano, queste presunte guide, i turisti: nel famoso lupanare di Pompei, dove ci sono le figure zozze.
Gliele mostrano come fossero chissà quale segreto: di tutto lo splendore e il dolore di Pompei antica, di tutta la vita romana del primo secolo, i cafoni capiscono solo quelle.
Le figure che scopano, le posizioni.
Sogghignano gli «archeologi», lasciano entrare i turisti a centinaia, scattano a migliaia i flash che rovinano gli affreschi.
Ciò che colpisce al cuore non è solo l'arroganza dei criminali-cafoni, l'aria da pregiudicati delle «guide» e degli »archeologi» a 150 euro l'ora, indistinguibili dai parcheggiatori abusivi e dai costodi abusivi che a pagamento aprono le zone chiuse al pubblico.
Ciò che colpisce è la sporcizia, i bar che sono baracche di assi, la volontà di miseria e di micragna che regge il tutto.
E' questa l'aria che vogliono i cafoni.
L'hanno scelta deliberatamente perché è al loro livello.
E' tutto quello che sanno pensare come «sfruttamento» di Pompei: baracchini, cessetti abusvi a mezzo euro, niente alberghi, niente parchi.
Perché sono stupidi.
Stupidi subnormali, a forza di ignoranza e di arroganza.
Basta pensare a come la criminalità vera, la mafia americana, abbia sfruttato Las Vegas.
I grandissimi alberghi scintillanti.
La pulizia.
Gli immensi parcheggi gratuiti.
E nessun borseggio, altrimenti si finisce in qualche fossa nel deserto.
La malavita italo-americana almeno ha capito qual è l'affare e vi si concentra: fa' miliardi a Las Vegas col gioco, non pensa a guadagnare mezzo dollaro per pisciata nelle toilettes a pagamento.
Il livello del cafone napoletano invece è il mezzo euro, il borseggio, il bilocale abusivo da vendere ai cafoni.
Si sente a suo agio in quella micragna, in quella rumenta, fra quelle baracche.
E non vuole Hilton e Sheraton fra i piedi.
Pompei ha una disoccupazione del 25%.
Apprendo che uno studio Merrill Lynch ha appurato che l'indotto degli scavi rende il 5% delle sue potenzalità.
Apprendo che sono stati stanziati enormi fondi europei per lo sviluppo moderno dell'area: centinaia di miliardi di vecchie lire per costruire un parco tematico accanto agli scavi (non ben comprensibili se non da specialisti, e che gli «archeologi» e le «guide» che parlano in napoletano malavitoso non sono certo in grado di far comprendere) dove si riproduca una Pompei falsa ma attiva, con suoni e luci, proiezioni si grande schermo, ricostruzioni di ambienti.
E' l'idea giusta: fra l'altro, per alleggerire il carico di tre milioni di turisti su quelle povere macerie devastate, per fare della cultura divertimento, per creare un indotto potente con migliaia di posti di lavoro.
E sicuramente, profitti anche per lo stato, proprietario (in teoria) del sito unico al mondo che ha ceduto ai pregiudicati napoletani in comodato.
E' stata identificata anche l'area, una vasta area industriale dismessa.
Ma lì, appare un «assessore» (in gessato doppiopetto, di sfarzoso taglio camorrista) il quale dice che i fondi, sì, erano stati dati dalla UE per il parco tematico.
Ma «nella nostra autonomia», gli amministratori locali hanno deciso un'altra destinazione: faranno invece un «percorso gastronomico», dove i turisti svedesi e americani vedranno, lo vogliano o no, come si fanno le mozzarelle e gli spaghetti.
Alla giornalista sgomenta, il camorrista-assessore replica con sfida: «Perché, non è forse cultura anche questa?». E' infatti la cultura del cafone.
Mostra in modo esemplare che il cafone ha un limitatissimo repertorio di curiosità ed esigenze. Quando arricchisce, quando pensa a come occupare il suo tempo liberato dalla zappa, al cafone non viene in mente altro: «Mangiare».
Mozzarelle, spaghetti, pizze, ora che se le può permettere.
Il «mangiare» è il suo solo divertimento, la sola occupazione da tempo libero che riesce a immaginare.
Lui, quelli che vanno a vedere gli scavi, li disprezza, come disprezza ed odia l'archeologia unica di Pompei, che non capisce e che è troppo sopra le sue esigenze: ma cosa perdete tempo con quelle cose, vedete gli affreschi zozzi e poi venite qui a mangiare la mozzarella.
Micragna.
Meschinità di vita e di idee, che è ancor peggio dell'arroganza e della minaccia che fanno pesare sui turisti, ancor peggio dei borseggi e taglieggi che sono l'opera dei pregiudicati che, a torme, a folle, hanno occupato il più splendido tesoro italiano.
E in studio?
A La 7, la bella conduttrice Ilaria d'Amico chiede conto al sottosegretario del Ministero per i Beni e le attività Culturali.
Questa persona, che si chiama Daniela Gattegno Mazzonis, dice in sostanza: è scandaloso che si voglia guadagnare dall'archeologia, l'arte in Italia dev'essere un costo e non un profitto, altrimenti non è cultura.
Il fatto che a guadagnarci (coi cessi a pagamento e i baracchini abusivi) sia la camorra, non la scandalizza affatto.
Questa Gattegno Mazzonis è una cafona anche lei: perché solo in Italia esistono anche cafoni del tipo «culturale», per i quali l'arte e la cultura devono essere noia, burocrazia da sovrintendenza, costo e perdita – e per il popolo, «notti bianche» con i rockettari e la pizza dai baracchini unti.
Di fronte a lei, c'è l'assessore al turismo e alla cultura della regione Campania.
Nome: Marco Di Lello.
Anche lui doppiopetto gessato d'ordinanza, da cafone risalito.
Ovviamente, difende i camorristi-occupanti.
Dice che il comune di Pompei ha deciso di cancellare il parco tematico, e di far costruire abitazioni al posto dei grandi hotels, «nella sua autonomia», e che la regione non può certo violare quella «autonomia».
Del resto, la Regione ha fatto il peggio che poteva fare di Pompei, in base alla sua «autonoma decisione» che nessuno deve sindacare.
E' a questo che servono le «autonomie regionali», dopotutto: a consegnare i tesori italiani a una casta di cafoni risaliti in gessato e ai loro clienti, pregiudicati e camorristi.
E' la secessione alla meridionale: migliaia di secessioni corpuscolari, noi qui facciamo tutti come pare a noi, la camorra ci addita la strada e ci lasciamo comandare solo da lei, e voi polentoni non venite qui a fare l'imbasciata.
Qualificatevi, date nome e cognome, che poi vi tagliamo le gomme.
Una secessione perfettamente riuscita e protetta, coi soldi dei contribuenti del nord.
Questi coglioni che le tasse le pagano.
Dimenticavo: in studio a La 7 c'era anche Vittorio Sgarbi.
Ripetutamente indicato come «l'onorevole» Sgarbi.
Ha letto un libro che s'era portato, ostentatamente.
Quando ha dovuto dire qualcosa, di malavoglia, ha difeso i custodi abusivi che si fanno pagare per mostrare ai turisti le aree chiuse, ha preso le parti dei baracchini che danno il pizzo alla camorra, ha difeso i cessi pubblici lucchettati dai cafoni, e il mezzo euro per pisciare.
Non so se l'abbia fatto per fare l'originale, o se è stato pagato.
So che il suo comportamento è stato inqualificabile, da stronzo e cafone.
L'«onorevole» Sgarbi è parte integrante di questa dittatura di cafoni che ci schiaccia tutti.
Confesso che quel servizio su La 7 mi ha dato voglia di morire, per quello che significa Pompei, per quello che significa la dignità di Napoli gettata nei cessi (a pagamento) dai napoletani.
Mi viene in mente un solo rimedio: dare l'area alla malavita americana di Las Vegas, chiedere una percentuale su quello che guadagnerà, e lasciarla fare.
Con la speranza che ammazzino tutti gli «archeologi» e i gestori di toilettes, tutti i camorristi di piccolo cabotaggio che si sono presi l'area e non sanno nemmeno come guadagnarci.
Raffiche di mitra risanatorie contro gli «assessori alla cultura» in doppiopetto e mozzarella che non sanno far altro che dare mano alla camorra, e riducono così quell'area.
Abbiamo bisogno, almeno, di una grande criminalità.
Che pensi in grande e porti a Pompei gli Sheraton, come a Las Vegas.
Quel che ci uccide è la criminalità alla Mastella, alla De Mita, alla Sgarbi: piccina e occupata a fregarci in piccinerie, di cranio microscopico, che vuole esercitare il potere sulla miseria permanente, altrimenti teme di perdere il controllo sulle clientele.
Se no, non ci resta che un'ultima speranza: che il Vesuvio si riprenda Pompei, e tutti i camorristi che la infestano come pidocchi, coi loro assessori pidocchiosi in gessato-pregiudicato.
Spero che succeda un giorno o l'altro.

Forza Vesuvio.
Forza Etna.

Maurizio Blondet



1) La trasmissione si chiama «Exit» ed è andata in onda il 15 ottobre. Dal comunicato-stampa de LA 7: «L'Italia è il paese con il più importante patrimonio artistico del mondo. Tanto da essere considerato da molti il 'petrolio' italiano. Da una denuncia sullo stato di degrado di Pompei, la città antica che l'eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo ha conservato intatta fino ad oggi, parte la puntata di Exit. Ilaria D'Amico ne parla con diversi ospiti in studio: Danielle Gattegno Mazzonis, sottosegretario Ministero Beni e Attività culturali, Marco Di Lello, assessore al Turismo e alla Cultura regione Campania On. Vittorio Sgarbi, assessore alla cultura Milano. L'inchiesta della nostra Lisa Iotti, è inquietante. Parcheggi e guide abusive, nessun controllo sui visitatori, assoluto disprezzo delle regole. Ci imbattiamo nella vergogna delle zone interdette al pubblico che dietro pagamento vengono aperte dai custodi, dei ristoranti abusivi e della carenza di servizi igienici. La Merryl Lynch ha calcolato che I'indotto prodotto dagli scavi di Pompei è il 5% del suo potenziale. In studio ci si domanda se non sia il caso, come proposto recentemente dal presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo di privatizzare la gestione di questo importante sito turistico. Dalla discussione in studio si ha l'impressione che l'individuazione delle responsabilità sia dovuta soprattutto ad una scarsa chiarezza nell'individuazione delle diverse competenze. Siamo il paese col maggior numero di luoghi e monumenti protetti dall'UNESCO come Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Eppure l'Italia spende per la cultura lo 0,29%. Inoltre, dal 2000 al 2007 gli investimenti sono crollati del 45%. E scopriamo che dei due miliardi di euro previsti la metà viene utilizzata per il funzionamento del Ministero dei Beni Culturali».
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Messaggio  STEFANO MALFATTI Mar Nov 09, 2010 8:29 pm

E' vero, è maledettamente vero, con tutto quello che abbiamo la fortuna di possedere altro che il petrolio, i giacimenti sparsi per il globo ci avrebbero fatto un bel baffo se la classe politica italiana dal, non voglio esagerare, 1960 che è l'anno poi delle Olimpiadi (quale occasione migliore per iniziare un progetto serio di scoperta, tutela, valorizzazione ed utilizzo turistico!) avesse soltanto vagamente immaginato le grandi, enormi, inesauribili potenzialità che l'ITALIA possiede.
Non venitemi a parlare di Bondi per favore perché si cadrebbe nel ridicolo, accusare l'ultimo arrivato per il dramma generale è solo la solita mossa politica di sparare sul pianista (perché tanto si fa solo questo), agitare le acque e nascondere responsabilità che appartengono a tutti.
In ITALIA ci sono giacimenti ovunque, decine e decine, i nostri poi "a differenza degli altri" non inquinano e non creano problemi di nuovi ordini mondiali, senza andare in giro ad offrire nuovi prodotti ma anzi con il resto del mondo a fare la fila per portarci soldi per vedere quello che solo noi possediamo.
Capito, quello che abbiamo soltanto noi!!!
Ogni regione possiede tanta di quella ricchezza da far girare la testa e che darebbe lavoro a tanta gente, ed invece eccoci qui ad accorgerci dello sfacelo solo quando crolla qualcosa oppure quando un vaso sparisce nel nulla!
Continuo a pensare con rassegnazione ai tempi, neppure tanto lontani, quando per entrare al Foro Romano si pagava ben 100 lire mentre per il Colosseo nulla, erano gli anni '70 (mica il pleistocene) ed io giravo la mia città in lungo ed in largo alla scoperta delle sue bellezze, ci siamo permessi il lusso di portare avanti questo tipo di politica, quella fatta di un biglietto dal costo irrisorio o, peggio ancora, da nessun biglietto!
Questo io l'ho vissuto, mica me l'hanno raccontato Shocked
Al prossimo crollo ... -sm-


Ultima modifica di STEFANO MALFATTI il Mer Nov 10, 2010 4:45 am - modificato 1 volta.
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Messaggio  Simone Mar Nov 09, 2010 8:35 pm

il foro era gratuito fino a un paio di anni fa il colosseo invece è a pagamento da un pò più tempo, ora sembrerebbe che alemanno voglia renderli gratuiti insieme ai musei sotto il controllo del comune ai soli cittadini romani.
sarebbe ora

per quanto riguarda pompei: ieri ennesima puntata di porta a porta e matrix "dedicata" all'omicidio Sara solo ballarò ha dedicato un quarto d'ora venti minuti a pompei con sandro bondi in studio...... mi aspettavo domande serrate ed una richiesta di spiegazioni....... e invece nulla di tutto questo sono stati solo capaci di chiedergli le dimissioni
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Messaggio  Simone Mar Nov 09, 2010 11:02 pm

Pompei crolla, catastrofe culturale
di TOMASO MONTANARI

No, non è colpa della pioggia. L’idea che le antichità di Pompei siano state miracolosamente preservate solo per crollare per incuria nel 2010 è semplicemente pazzesca, ed è difficile trovare le parole alle quali affidare l’indignazione e la frustrazione di queste ore. L’unica cosa certa è che non si tratta di una catastrofe naturale, ma di una catastrofe culturale e politica. Pompei non è stata trascurata: è stata uno dei laboratori chiave dell’amministrazione Bondi. Il ministro dei Beni culturali ha puntato scientemente sull’esautorazione degli «uomini del sapere» (gli archeologi) a favore degli «uomini del fare», ricorrendo alla scelta estrema, irrituale e autoritaria di imporre un onnipotente commissario proveniente dai ranghi della discutibilissima Protezione civile di Guido Bertolaso. Con questa scelta il ministro ha deciso di giocarsi la faccia. E ora l’ha clamorosamente perduta. Ma il problema è drammaticamente più ampio e più serio.
Il ministro dei Beni culturali ha programmaticamente esercitato (non solo a Pompei, ma in tutta Italia) una presunta «valorizzazione» del patrimonio storico e artistico che non solo ha prostituito quel patrimonio, immolandolo sull’altare del marketing, ma ha anche assorbito le forze e le risorse destinate alla tutela di ciò che si voleva «valorizzare». Come non ricordare la vicenda del Teatro grande di Pompei? Un monumento di quel rango è stato brutalmente ridotto (a suon di protesi moderne e cemento) a location di Grandi Eventi perché un concerto di Riccardo Muti potesse celebrare il successo del ministro e del suo commissario. E, in quell’occasione, chi si mostrò scettico o decisamente contrario, venne additato come un talebano della conservazione o un erudito polveroso incapace di capire le esigenze del «grande pubblico». Che diranno ora le cinquemila personalità che hanno visto un mortale «attacco alla cultura» napoletana nel definanziamento di un effimero museo scaturito dalla demagogia clientelare di un califfato al tramonto?
Quanti altri monumenti dovranno crollare per convincerci che il patrimonio storico e artistico della nazione non è né un pozzo di petrolio, né un luna park, ma un organismo fragile, prezioso e delicato che dobbiamo conoscere, amare e trasmettere integro alle prossime generazioni?

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Messaggio  STEFANO MALFATTI Ven Nov 12, 2010 6:50 am

Continuo ad assistere alla solita scenetta italica, neanche più patetica tanto ha stancato (mi riferisco alle persone in grado di capire), si continua a dare la colpa all'ultimo arrivato per responsabilità che si perdono nella notte dei tempi.
Forse si farebbe meglio a stare zitti, anzi ancor di più invece recitare tutti il mea culpa, ma qui da noi lo sappiamo bene come funziona, si aspetta la disgrazia o il dramma per "daje sotto ar nemico", che non sia mai che accada il contrario vero?
Su Pompei ci si potrebbero scrivere dei libri, e non solo per l'ultimo drammatico infamante crollo, che la situazione fosse al collasso si sapeva, ma non venitemi a dire che tutto è accaduto per le recenti piogge altrimenti andiamo fuori strada, sono anni, anzi decenni abbondanti che di Pompei non importa niente a nessuno (escludo ovviamente la parte buona che però non ha nessun potere decisionale), ora si scatenano le polemiche perché il motivo è chiaro, in realtà però signori miei mi sembra che si aspetti che capiti qualcosa per avere il pretesto di attaccare!!!!
Se amiamo, come lo stiamo sbandierando ai 4 venti da qualche giorno, davvero il nostro passato, la nostra storia, la nostra gloria, iniziamo a dimostrarlo proprio noi che tanto parliamo, rispettando ciò che, lontani dai riflettori, imbrattiamo, sporchiamo, spacchiamo, rubiamo.
Mi sembra il minimo, ma spesso neanche questo si verifica, sapete una cosa, l'altro giorno stavo parlando con una signora un po' anni'70, discorsi impegnati sul sociale, critica contro i soliti noti, amore per la natura e ambientalista al 100%.
Finito il soliloquio si mette il casco e inforca il suo motorino 50 (modello Cartagine) con sicurezza, quando al quarto tentativo finalmente riesce ad accenderlo da questi si sprigiona una nuvola bianca letale come il morso di un cobra, tale venefica nuvola avvolge naturalmente anche lei che se la respira per benino poi con un sorriso saluta e se ne va, con buona pace del suo deciso ambientalismo e dell'aria nociva che ci fanno mandar giù ... gli altri!!!
Sembra la scena di un film di Verdone ed invece è tutto originale, mancava solo da riprenderla per immortalarla, insomma questo offre il convento e questo si mangia.
A presto -sm- Razz
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Messaggio  Simone Ven Nov 12, 2010 8:26 am

se ti sentisse un radical chic ti direbbe che vuoi fare 0-0 per salvare berlusconi Mad Mad Mad
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Messaggio  STEFANO MALFATTI Dom Nov 14, 2010 12:56 am

Sai che sballo una bella chiacchierata in uno di quei salotti grondanti di umiltà, confronto e conoscenza, dove si è sviluppato la vera essenza del sapere, lontana dai condizionamenti partitici e umorali di chi con foulard firmato al collo e barchetta da 50 metri parcheggiato a Portofino, cerca di scoprire la reale natura umana.
Ma non li ho mai frequentati (che disgrazia vero?), ho preferito altre vie, meno facili magari ma secondo me più vere, tra queste una è lastricata di libri che non fanno mai male, anche quando ti raccontano cose che non gradisci ma sono vere.
La cultura così tanto amata negli ultimi anni, quando invece per decenni in pochi l'hanno filata, scuole ed università anche loro improvvisamente così fondamentali quando invece per anni e anni sono state bistrattate e messe a ferro e fuoco, così anche per il nostro patrimonio archeologico ed artistico.
Qualcuno avrebbe la gentilezza di spiegarmi cosa è stato fatto in realtà negli ultimi 40 anni?
Ma degli scavi, dei musei, della tutela, della conservazione, della fruizione, a chi interessa veramente?
In verità mi sembra che imperante regni sempre l'ipocrisia più assoluta, la non chiarezza, il giocare sporco e con colpi bassi, poco legati all'amore per la storia e l'arte ma stretti stretti a giochi politici e di interesse.
Sull'argomento ne parleremo ancora ed a lungo, perché mi appassiona, perché l'ho studiato, perché sono importanti, e non venitemi a parlare di politica perché qui non c'entra nulla, qui si parla dell'amore e del rispetto per il nostro passato, punto e basta!
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Messaggio  Marco Dom Nov 14, 2010 5:22 am


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Messaggio  spain Dom Nov 14, 2010 6:12 am

Non rispettare il proprio patrimonio è non rispettare la nostra cultura e quindi non rispettare noi stessi ...
e pensare che un inglese, uno spagnolo, un francese o chiunque altro ... una pietra la fanno diventare la più importante del mondo e della storia e grazie a lei ci campa una regione .. noi invece pensamo a magnà ...
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Messaggio  Marco Gio Nov 25, 2010 4:34 am

1972 (elogio a Pompei ed alla mescalina)

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Messaggio  Simone Gio Nov 25, 2010 7:07 am

Pompei, 2009 d.C.
Nella cittadina sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 è ancora emergenza. Come salvare questo tesoro dal degrado? Articolo pubblicato su National Geographic Italia, febbraio 2009
di Stefania Martorelli


Pompei è punteggiata di cantieri. In molte domus, ma anche in tanti edifici pubblici, come il tempio di Venere o il Capitolium, sono in corso i lavori. Nella casa di Giulio Polibio il prezioso vasellame da tavola è stato ammassato assieme a una statua del dio Apollo per far spazio agli interventi di restauro. Da qualche giorno però, la terra ha ricominciato a tremare. E all’improvviso, tutto si ferma. Intorno all’ora di pranzo, dal Vesuvio s’innalza una densa nube di fumo nero che oscura completamente il cielo.
Perché oggi è il 24 agosto del 79. Uno dei tanti miti che circondano Pompei è che la città sia riemersa dagli scavi - iniziati 260 anni fa da Carlo di Borbone - intatta, congelata nel tempo così com’era 2.000 anni fa. E che magari, in questi due secoli e mezzo, sia stata abbandonata all’incuria. «In realtà», spiega Annamaria Ciarallo, direttrice del laboratorio di ricerche applicate di Pompei, «quella che è riemersa dagli scavi non è una città preservata, bensì distrutta da un’eruzione avvenuta 2.000 anni fa. Non solo. Quella città, pochi anni prima, era stata gravemente danneggiata da un terremoto».
Il sisma (ma forse ve ne fu più di uno), di cui parlano anche Seneca e Tacito, avvenne nel 62 d.C. (o nel 63) e provocò crolli e danneggiamenti fino a Napoli e a Nocera. Al momento dell’eruzione, benché fossero già passati circa 17 anni dal sisma, a Pompei si stavano ancora costruendo nuovi edifici, come il tempio dei lari pubblici o il grandioso complesso delle Terme centrali. Non sappiamo come mai i lavori procedessero così a rilento; forse, appunto, le scosse di terremoto si susseguirono nel corso degli anni.
Svetonio narra ad esempio di una scossa che colpì nel 64 d.C. Napoli, durante il debutto di Nerone come cantante. Questi movimenti tellurici avvennero, scrive Plinio il Giovane, “senza però che si desse loro molta importanza, dal momento che in Campania essi sono frequenti”. Nonostante la consuetudine con i movimenti tellurici, sembra che la maggior parte dei pompeiani abbia comunque avvertito il pericolo rappresentato dall’eruzione riuscendo a mettersi in salvo, anche se non si sa con certezza quanti fossero. Così come sembra certo che la città fosse un grande cantiere. Più o meno com’è adesso.
Oggi, una nuova “grave situazione di pericolo” incombe su Pompei. Così recita infatti l’ordinanza numero 3692 emessa dalla Presidenza del Consiglio l’11 luglio 2008, che dispone “interventi urgenti di Protezione Civile”. La ragione è la terribile situazione di degrado, oggetto di un’accesa campagna di stampa, in cui verserebbe il sito archeologico: crolli, molte aree interdette al pubblico, branchi di cani randagi che sciamano per gli scavi terrorizzando i turisti, guide abusive che estorcono cifre folli ai visitatori, il suk formato dalle bancarelle che circondano gli scavi. «È venuta a constatare di persona la catastrofe?», chiede ironico Pietro Giovanni Guzzo, soprintendente di Pompei. Capelli e barba candidi, occhi di ghiaccio, Guzzo è un archeologo di fama internazionale i cui meriti scientifici non sono messi in dubbio neppure dai suoi più accaniti detrattori. Nonostante l’ordinanza gli rinovi la fiducia lasciando a lui “le competenze in materia di tutela”, e benché negli anni abbia più volte denunciato i problemi di Pompei, il commissariamento lo ha reso di fatto, agli occhi di molti, il principale imputato del “disastro”.
Dagli anni Novanta infatti gli scavi sono soggetti ad amministrazione autonoma. Ciò significa che tutti gli introiti di Pompei (biglietti, royalties su fotografie, libri, merchandising e altro) finiscono nelle casse della Soprintendenza, che risponde soltanto al ministero. Dai circa 3-4 miliardi l’anno che lo stato elargiva a Pompei, si è passati ai circa 20 milioni di euro l’anno di oggi. Bastano? «Certo che no», risponde Guzzo. «Per restaurare Pompei ci sarebbe bisogno, secondo i miei calcoli, di 270 milioni di euro da utilizzare nel corso di 10 anni. La città antica si sviluppa su un’area di 66 ettari, di cui circa 44, i due terzi, sono stati scavati. Di questa quarantina di ettari è visitabile al pubblico circa il 35 per cento. È poco? Nel 1995 era il 14 per cento».
I turisti non mancano: anche se Pompei non è, come qualcuno afferma, il sito archeologico più visitato al mondo (un record che spetta forse al Colosseo), ogni anno si contano circa 2 milioni e mezzo di presenze. Il 2008 però ha registrato un calo sensibile, circa il 10 per cento: colpa dell’effetto immondizia, dell’allarme degrado? «C’è stato sicuramente anche quello», risponde Guzzo. «Ma abbiamo notato che, nello stesso periodo, le vendite del bookshop sono calate del doppio. Questo per me significa che la gente sta attenta a come spende i soldi, e che prima di tutto comincia a rinunciare a ciò che si considera superfluo. Come una visita a Pompei». E i cani, le bancarelle? «I randagi sono un problema della Asl, se io avessi speso fondi a mia disposizione per fronteggiare questo problema la Corte dei Conti mi avrebbe bacchettato. Quanto al suk che ci circonda, la competenza è del comune di Pompei. Il vero degrado è fuori gli scavi, non dentro».
Fuori c’è il comune di Pompei, circa 26 mila abitanti di cui però solo una minoranza ha a che fare con l’area archeologica. «Gran parte dell’indotto turistico proviene dal santuario», precisa il sindaco, Claudio D’Alessio. Il santuario della Madonna del Rosario, voluto 80 anni fa dal fondatore, Bartolo Longo, porta qui ogni anno oltre tre milioni di pellegrini. Ma anche quello è storia a sé, poiché il santuario è delegazione pontificia e prelatura territoriale. «Il nostro è un comune un po’ particolare, dove convivono queste tre entità autonome: gli scavi, il comune e il santuario». E dialogano? «Noi facciamo del nostro meglio, ma non sempre è facile. Da parte della Soprintendenza c’è molta rigidità. Anche questa storia dei cani randagi: è vero che li deve raccogliere la Asl, ma perché non recintare gli scavi?». Vi si rimprovera che i turisti arrivino a Pompei sui pullman e, finita la visita, scappino via subito in costiera amalfitana perché qui, da un punto di vista dell’ospitalità, c’è poco. «Stiamo lavorando per questo, ma ereditiamo una situazione difficile».
Pompei è zona di camorra, fatto che in passato (nel 2001) ha portato anche allo scioglimento della giunta comunale. Non è difficile immaginare che l’intenso traffico turistico della cittadina possa far gola alla criminalità organizzata. Riguardo alle bancarelle invece qualcosa è cambiato. «I nostri concittadini che svolgono queste attività commerciali hanno capito che è anche nel loro interesse mettere a posto questa situazione. Si sono costituiti in associazione, si stanno studiando dei nuovi gazebi. Adesso è tutto molto più ordinato. Merito del commissario straordinario, che è una persona con cui si può parlare».
Da luglio, nei locali della Soprintendenza nascosti dietro l’ingresso degli scavi di Porta Marina si è insediato l’uomo cui il governo ha affidato, almeno per un anno (il mandato scade a giugno), poteri straordinari “in materia di ordine, sicurezza pubblica e controllo sull’attività amministrativa” per affrontare l’emergenza Pompei: sua eccellenza il prefetto Renato Profili. Qualcuno ha definito lui e Guzzo “i duellanti”, ma il prefetto getta acqua sul fuoco: «Massima stima per l’archeologo. Ci sarà anche stata qualche incomprensione all’inizio, ma ora è tutto chiarito. Qui ho trovato professionalità straordinarie. In fondo, stiamo applicando il piano della Soprintendenza con i poteri straordinari assegnati dal governo».
Vulcanico, inarrestabile, questo sessantenne napoletano durante tutta l’intervista non smette mai di consultare documenti, firmare carte, rispondere al telefono. Alle sue spalle c’è un enorme fotopiano degli scavi. «Qui venivo da bambino. Questo incarico per me è entusiasmante, poter contribuire alla valorizzazione di un luogo così straordinario per la nostra cultura». Il suo primo atto una volta insediato è stato quello di sfrattare dagli scavi (cosa che il soprintendente aveva inutilmente tentato di fare) il ristorante che occupava alcuni locali non lontano dall’area del foro. «Questo signore era insolvente da anni», spiega Profili. «Ora mi auguro che l’incresciosa situazione si risolva quanto prima. Spero di poter finalmente avviare la procedura di gara, in modo che i locali vengano affidati al nuovo gestore e che chi visita gli scavi possa trovare un punto di ristoro». Poi ci sono state la messa in funzione delle fontanelle e l’installazione di wc chimici, la decisione - anche se alquanto contestata da parte delle organizzazioni sindacali dei custodi - di ricorrere a un servizio di vigilanza privata per garantire la sicurezza degli scavi, l’incontro con le locali forze dell’ordine cui ha richiesto maggiore presenza tra Porta Marina e piazza Esedra per arginare la prostituzione. Inoltre, sono stati affidati decine di incarichi per interventi di manutenzione negli scavi già previsti dalla Soprintendenza.
Ma l’impresa forse più ardua è quella in cui è impegnato quando lo incontriamo: riorganizzare il lavoro dei custodi in modo da garantire l’apertura al pubblico di alcune domus attualmente visitabili solo su richiesta, proprio per mancanza di personale. Lui assicura che l’accordo è già stato raggiunto. Per mettere d’accordo gli indomabili custodi di Pompei ci vuole davvero un prefetto di ferro.
«Pompei? da un punto di vista scientifico, è un’isola felice. Il degrado non riguarda il parco archeologico. Il problema, casomai, è quello che sta attorno». Paolo Carafa è uno degli archeologi che in questi ultimi dieci anni hanno lavorato a Pompei, prima come Università La Sapienza di Roma e poi come Università della Calabria. Dalla metà degli anni Novanta in poi infatti, Guzzo ha aperto le porte a università sia italiane sia straniere che avessero progetti di ricerca su Pompei. «Purché fossero in grado di autofinanziarsi», precisa il soprintendente.
Attualmente, sono circa una ventina i gruppi di ricerca che stanno lavorando a Pompei, da quello diretto da Andrea Carandini, di cui fa parte Carafa, all’Università di Stanford, a quella della Virginia, all’Istituto di studi Paleologici di Kyoto, in Giappone. «Gli scavi che abbiamo effettuato sono stati mirati a scoprire il passato della città antica», spiega Carafa. «Iniziando dal sottosuolo, abbiamo cercato di ricostruire come si è modificato questo luogo, i cui primi insediamenti risalgono all’Età del Ferro, se non addirittura a quella del Bronzo. La cinta muraria è del VI secolo a.C., ma la città non è sempre stata “monumentale” come quella che fu distrutta dall’eruzione. Il paesaggio urbano si è profondamente modificato nel corso dei secoli, soprattutto fra il IV e III secolo a.C. - epoca della conquista romana, ma anche attorno al II secolo, e qui la ragione storica è meno chiara, il dibattito è ancora aperto. Sappiamo però che questo luogo fu già investito da un’eruzione, molto prima del 79 d.C., e poi gli insediamenti ripresero».
Continua l’archeologo: «Il modo migliore per proteggere Pompei è studiandola, non creando cupole di vetro. E dieci anni sono pochi. C’è ancora così tanto da scoprire! È vero, molti luoghi sono chiusi al pubblico, ma è anche un problema di sicurezza delle strutture e dei visitatori. Si fa presto a restaurare come faceva Amedeo Maiuri (direttore degli scavi dal 1924 al 1961, ndr), usando il ferro e il cemento, e finendo così con il fare più danni di quelli creati dall’eruzione».
Il laboratorio di ricerche applicate di Pompei sta ricostruendo una città meno imponente, ma non per questo meno straordinaria da un punto di vista storico: quella della vita quotidiana dei suoi abitanti. Da uno scaffale, le orbite fisse nel vuoto, guardano i crani dei cosiddetti Polibi: si tratta di 13 individui, rinvenuti all’interno della casa di Giulio Polibio, che attualmente sono oggetto di studio da parte di un team internazionale; da 12 di questi è stato possibile estrarre il Dna. «Il tredicesimo era un feto», spiega Marilena Cipollaro dell’Istituto di Biologia molecolare della Seconda Università di Napoli, che dirige la ricerca. «È stato rinvenuto accanto a una giovane donna, molto probabilmente la madre. Finora abbiamo accertato la parentela fra sei di loro. Stiamo studiando le loro patologie. Due di loro erano affetti da spina bifida. E abbiamo rilevato polimorfismi nel gene della fibrosi cistica».
Ma il laboratorio contiene altri indizi su chi erano, e soprattutto come vivevano, i pompeiani di 2.000 anni fa. Antichi semi carbonizzati, vasi di vetro, perfino disegni dei bambini sui muri ci raccontano cosa mangiavano, come si riscaldavano, in che ambiente vivevano. «Ci abbiamo messo vent’anni per liberare gli scavi dai rovi», ricorda Annamaria Ciarallo passeggiando orgogliosa nel giardino verdeggiante della casa del Fauno. «E quando abbiamo finito, sono riemerse dal suolo le essenze autoctone del luogo». Il che ha permesso ad esempio di creare prati come quello del Foro, che non ha bisogno di irrigazione.
Ora la città antica è molto verde, ma gli studi paleobotanici descrivono una Pompei alquanto diversa da quella odierna. «Sicuramente più fredda», conferma Ciarallo. «Qui c’erano faggi, abeti. I bambini di Pompei disegnavano cervi, cinghiali: questi erano gli animaletti che vedevano. Ma il problema più grosso era sicuramente quello del combustibile. Riscaldarsi e cucinare era molto difficile. Lo vediamo ad esempio nei focolari, che mostrano sistemi molto ingegnosi per risparmiare combustibile. Ma la vita degli antichi pompeiani era interamente all’insegna dell’economia: le risorse erano scarse e tutto veniva riutilizzato. Sicuramente doveva esserci una qualche forma di raccolta differenziata: i vetrai di certo lo facevano, in certi vasi è chiaramente utilizzato materiale riciclato. Oggi chiameremmo questo tipo di economia “ecosostenibile”. La Pompei di allora aveva senz’altro qualcosa da insegnarci».
Ad esempio, come restaurare questo luogo. I lavori nella città antica non hanno mai fine, neppure oggi, come testimoniano gli operai che ogni giorno si vedono girare negli scavi con le loro tute. «Qui abbiamo dovuto inventare un nuovo approccio al restauro, unico al mondo come unico è questo sito», chiarisce Guzzo. «Non possiamo più pensare, ad esempio, di restaurare una casa alla volta, perché mettere il tetto a una casa significherebbe far defluire molta più pioggia su quelle contigue, accelerandone così il degrado. A Pompei il restauro va condotto sull’intera insula. Va da sé che, in questo modo, l’intervento è più lungo e più complesso, e anche meno immediatamente apprezzabile. D’altronde», continua l’archeologo, «qui è stata fatta una scelta già 260 anni fa, quando si è cominciato a riportare il sito alla luce, esponendolo quindi all’azione degli agenti atmosferici, e al passaggio dei visitatori. L’Istituto Centrale per il Restauro, che per quel che mi riguarda è la massima autorità in materia, parla chiaro: compito del restauro è quello di rallentare il processo di degrado. Non certo di fermarlo. Come qualunque altra opera dell’uomo, anche Pompei è soggetta a un processo di deterioramento inarrestabile».
Pompei quindi non è mai stato, né mai potrà essere, un luogo “congelato nel tempo”, come vuole la sua leggenda. Ma il tesoro di conoscenze preziose che racchiude come uno scrigno è davvero patrimonio mondiale dell’umanità. Perché Pompei non è solo una distesa di pietre antiche, ma un luogo che era vivo, e dove si è consumata una tragedia. Lo testimoniano i drammatici calchi umani dell’Antiquarium, e che ispirarono a Primo Levi parole piene di compassione per la sua Bambina di Pompei: “Poiché l’angoscia di ciascuno è la nostra / ancora riviviamo la tua, fanciulla scarna [...] sono passati i secoli, la cenere si è pietrificata / a incarcerare per sempre codeste membra gentili. Così tu rimani fra noi, contorto calco di gesso / agonia senza fine, terribile testimonianza / di quanto importi agli dei l’orgoglioso nostro seme”.
(26 aprile 2010) © Riproduzione riservata
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Messaggio  STEFANO MALFATTI Gio Nov 25, 2010 9:07 pm

Lo so che si parla solo di Pompei ma questo non vuole mettere in secondo piano tutto il degrado che, da oltre 40 anni, ovunque avvolge il nostro enorme patrimonio culturale.
Hanno speso miliardi per strade inutili, per fabbriche fantasma, per iniziative sterili, molto spesso per avere voti perché la gente (magari la stessa che dopo si indigna per il crollo di Pompei ...) ti segue solo se fai strade, mica se restauri una necropoli etrusca o costruisci un nuove museo.
E' vero, o non è vero?
Penso ai soldoni necessari per costruire questo faraonico e francamente non necessario "Ponticello sullo stretto", in termini molto pratici con la stessa cifra, parlo di quella iniziale naturalmente, quanto si potrebbe fare per cercare di salvare il salvabile?
E per farlo poi, finalmente, fruttare come chiunque farebbe al nostro posto?
Ma poi a conti fatti ci si rende conto che, per entrare nella storia, rende molto di più un ponte che qualche vecchio muro pieno di crepe, questa è la realtà e questo vale per tutti, non facciamo gli "indiani distratti" (ma poi chi l'ha detto che lo fossero?) e niente ipocrisia, sullo spreco del denaro pubblico che può avvenire in tanti modi diversi (alcune volte persino mascherati da iniziative culturali)
sono tutti coinvolti e su quel pulpito non ci sale nessuno.
Ma avete mai letto o visto cosa è stato fatto a Roma dopo che, purtroppo, qualcuno ha avuto la sfolgorante idea di farla capitale?
In nome di cosa, e perché, è stata sventrata la nostra città? Crying or Very sad
Ed anche dopo, sempre per restare su Roma, durante il Fascismo non è che si sia scherzato!
Il video che l'amico Marco ha mandato sul famoso e vetusto concerto dei Pink Floyd a Pompei (concerto che ricordo bene per motivi anagrafici) è davvero bello da vedere e da ricordare ma, con gli occhi di oggi, mi rendo conto che la maestosità e la sacralità del luogo meritino più attenzione, e questo per un semplice motivo.
Se non si mettono dei paletti allora ognuno, vedendola in modo diverso, potrebbe ritenere giusta o sbagliata qualsiasi idea, il nostro immenso patrimonio archeologico ed artistico deve essere salvaguardato, non solo per motivi pratici (vedi il farli fruttare), ma sopratutto per una questione morale dalla quale è impossibile sfuggire.
E noi per troppi anni abbiamo voltato la testa e pensato ad altro ... Embarassed
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Messaggio  Simone Gio Nov 25, 2010 11:13 pm

tornando al video del live a pompei io sono contrrario a concedere questi luoghi per concerti e quant'altro, già qualche anno fa a verona ci fu una polemica perchè sembra che le vibrazioni prodotte dall'amplificazione danneggino gravemente delle strutture vecchie dimillenni che ricordiamocelo furono costruite per altro non per ospitare i concerti rock
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Messaggio  Simone Mar Nov 30, 2010 5:37 am

Pompei, cede muro della Casa del Moralista
Scatta l'inchiesta. Bondi: no allarmismi

Il cedimento a pochi metri dalla Domus dei gladiatori crollata il mese scorso. Forse la pioggia causa della frana. Papadopulos: Pompei città fragile

POMPEI (30 novembre) - Nuovo crollo nell'area degli scavi di Pompei. A cedere è stato un muro di contenimento della Casa del Moralista. Il ministro Bondi: «No a inutili allarmismi». Il sovrintendente: «Pompei città fragile».
Il crollo. È un muretto perimetrale del giardino retrostante la Casa del Moralista quello crollato negli scavi archeologici di Pompei. Il manufatto, un pezzo di un muro più ampio, lungo circa sei metri per 60-70 centimetri di altezza, era protetto da una staccionata di legno a contenimento del terrapieno che preme alle spalle, e che si è ingrossato verosimilmente a causa delle forti piogge di questi giorni. Una situazione del tutto analoga a quella che ha determinato nelle scorse settimane il cedimento all'interno della Schola Armaturarum che dista a pochi metri dalla Casa del Moralista su via dell'Abbondanza. Il muretto era stato ricostruito al termine della Seconda Guerra mondiale dopo che quello originale era stato danneggiato dai bombardamenti. Quello attuale era stato eretto con la stessa pietra pomice del 79 d.C. e mescolato a malta e cemento.
L'inchiesta. I carabinieri, su delega della procura di Torre Annunziata, stanno acquisendo da stamane documenti presso la soprintendenza archeologica di Pompei, nell'ambito dell'inchiesta aperta dopo il crollo dello scorso 6 novembre che interessò la Schola Armaturarum.
A 20 metri dall'altro crollo. Il cedimento è avvenuto a 20 metri dall'edificio crollato circa un mese fa su Via dell'Abbondanza. La causa potrebbe essere stata l'abbondante pioggia caduta negli ultimi giorni. Sui muri che circondano il giardino della domus del Moralista, a Pompei, il proprietario aveva fatto scrivere delle frasi «moralizzatrici» rivolte a quanti si recavano a trovarlo. Si deve ora accertare se il crollo del muro, avvenuto oggi nel giardino della domus del Moralista possa aver danneggiato anche gli stucchi su cui erano state riportate le sue asserzioni, di notevole valore storico e archeologico. Al sopralluogo stanno prendendo parte archeologi e tecnici, con il direttore degli scavi Antonio Varone.
Bondi: no allarmismi. No a «inutili allarmismi». Lo dice il ministro dei beni culturali Sandro Bondi commentando il nuovo crollo avvenuto questa mattina a Pompei. «Occorre circostanziare con prudenza l'accaduto - sottolinea il ministro - ed evitare ogni inutile allarmismo. La situazione a Pompei è continuamente monitorata dai tecnici della Soprintendenza, con i quali sono in costante contatto avendo ricevuto ogni rassicurazione su quanto avvenuto: il cedimento non ha riguardato nè coinvolto alcun manufatto di rilievo o di pregio storico, artistico o archeologico».
Muro già crollato in bombardamenti e rifatto. Il ministro Bondi, spiegano dal ministero, «è stato informato dalla direzione degli scavi archeologici di Pompei riguardo l'entità del cedimento avvenuto questa mattina all'interno della Casa del Moralista, che ha riguardato un tratto di mura di cinta in tufo e calcare già crollato nel corso dei pesanti bombardamenti dell'aviazione statunitense nella notte tra il 19 e il 20 settembre 1943 e completamente rifatto all'indomani della guerra». La causa, sottolineano dal dicastero di Via del Collegio Romano, «è da attribuirsi alle incessanti piogge di questi giorni che stanno interessando il Meridione e in particolare la Campania e pertanto il Ministro ha dato incarico al Soprintendente e al direttore dei lavori di continuare nell'opera di monitoraggio del sito».
Il sovrintendente: «Pompei città fragile». «Viviamo una emergenza continua. Pompei è una città fragile e se continua a piovere così tutti i muri senza copertura sono a rischio». È l'allarme lanciato dal soprintendente degli Scavi di Pompei Jeannet Papadopulos, dopo aver constatato di persona il cedimento di un muro di contenimento nel giardino della Casa del Moralista. Un crollo che fa seguito a quello registrato nelle scorse settimane ai danni della contigua Casa dei Gladiatori. «I muri sono precari - ha sottolineato il soprintendente nel corso del sopralluogo - questo che è crollato oggi, in particolare. era già stato rifatto dopo la seconda guerra mondiale, ed è venuto giù nonostante avesse alle sue spalle una staccionata di contenimento. Purtroppo sono due mesi che sto qui e non fa che piovere. Un fattore eccezionale che si va a innestare in una situazione di fragilità. In ogni caso - ha sottolineato il soprintendente - quanto accaduto oggi non è paragonabile a situazioni più gravi». Il funzionario ha precisato come sia in corso un monitoraggio di tutta l'area che va comunque potenziato anche se in presenza di piogge eccezionali non ha escluso il rischio di nuovi cedimenti. «Se posso escludere nuovi crolli? Stiamo lavorando - ha detto - proprio per evitarli».
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Messaggio  STEFANO MALFATTI Mar Nov 30, 2010 6:08 am

Come giustamente hai detto prima al telefono forse sarà il caso di sbrigarsi, qui bisogna organizzare una gita a Pompei al più presto, prima almeno che venga giù tutto e al posto delle case crollate mettano delle riproduzioni su tela, tanto per far vedere cosa c'era prima dell'incuria. Shocked
Incredibile ma vero, riusciamo a fare più danni di una apocalittica eruzione ...

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Messaggio  Marco Gio Dic 16, 2010 6:51 am


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