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Giorgio Mariani

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Messaggio  Marco Gio Dic 08, 2011 9:05 pm

E’ morto ieri pomeriggio all’ospedale di Sassuolo, dopo una lunga malattia, Giorgio Mariani, ex calciatore della Fiorentina (all’epoca del secondo scudetto, fu compagno di alcuni giocatori poi morti prematuramente per cause sospette) e di Napoli, Verona, Inter, Cesena, tanto per citare le squadre più imporanti. Aveva 65 anni.
Era il George Best italiano. Come l’asso irlandese del Manchester United, anche Giorgio Mariani sembrava essere uscito da una fantasia, realizzata, del mitico Sessantotto. Estroso, esuberante, persino pittoresco con quei capelli da indio. Un attaccante capace di giocate straordinarie, però sempre in bilico tra genio e sregolatezza. Quasi il simbolo di una generazione che aveva scoperto il piacere di esagerare. Solo con i gol il Best italiano si conteneva, nel segno che ne «firmava» pochi. «Del resto – raccontava con autoironia - una volta con l’Inter ne feci uno bellissimo a Cagliari, ma c’era lo sciopero della Rai e così nessuno l’ha visto…».
Mariani era così. Apparteneva a quel club degli Angeli Maledetti della pedata, una razza estinta nel moderno calcio dominato dalla tattica. Con la Fiorentina aveva quasi fatto impazzire il Petisso Pesaola, pur contribuendo all’ultimo, meraviglioso scudetto gigliato, datato 1969. Franco Zeffirelli lo adorava, invece Oronzo Pugliese lo avrebbe strangolato volentieri. Giorgio faceva il titolare in serie A e però fumava più di cento sigarette al giorno. «Così –diceva- almeno in una cosa sono identico al mio modello: Gigi Riva. Lui però è un fenomeno, arriva a centoventi…».
Gente irripetibile. Tra un dribbling e un mozzicone, un bicchiere e notti infinite, Mariani regalava emozioni. Helenio Herrera lo volle all’Inter, come ‘spalla’ di Boninsegna: diventarono amicissimi, sebbene in campo non la smettessero di litigare. A Cesena portò la squadra in coppa Uefa e una volta a Magdeburgo cercò di picchiare Sparwasser, idolo della Ddr comunista. Si giustificò dicendo: «Mai stato di sinistra, io». Un grande, anche come dirigente del suo Sassuolo. Generoso, sanguigno, trasparente nei suoi furori. Uno vero, ecco.

Marco

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